Le inondazioni secche


“Nel 1179 molti astrologi Orientali, Cristiani, Giudei e Arabi predissero per il mese di settembre del 1186 una grande congiunzione planetaria che come conseguenza avrebbe avuto la distruzione della terra, per la violenza dei venti, delle acque e delle tempeste.
Furono sette anni di profonda sofferenza, si dice, nessuno dubitò della fine del mondo ma non accadde nulla! ”           

Un’ analoga congiunzione planetaria si verificò a distanza di oltre 300 anni …”


Nel 1499, l’astrologo tedesco Johann Stöffler pubblicò “Le Ephemerides”, un’opera in cui venivano pronosticate grandi catastrofi che si sarebbero verificate nel febbraio del 1524 a seguito di una rara congiunzione planetaria. Questo allineamento astrologico fu elaborato precedentemente da un antico astrologo persiano di nome Abu Ma’shar, vissuto tra il 787 e l’886 d.C. Johann Stöffler riponeva la massima fiducia nei suoi studi, che riguardavano i pianeti allora conosciuti: Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno e il Sole (all’epoca ancora considerato un pianeta). Questi pianeti dovevano addensarsi in una relativamente piccola regione del cielo nella costellazione dei Pesci. Questo evento avvenne durante l’epoca rinascimentale, uno dei momenti più alti mai raggiunti dalla cultura occidentale. In quel periodo, l’uomo, posto al centro dell’universo e creato da Dio, diveniva l’autore del proprio destino grazie alle sue qualità terrene.

Dal punto di vista storico, i primi decenni del Rinascimento rappresentano un periodo doloroso e travagliato. Carestie, malattie e guerre devastanti affliggevano l’Europa. Nei combattimenti, i soldati venivano colpiti senza alcun rispetto dalle artiglierie e dai cannoni. L’effetto più evidente e inquietante di questa nuova tecnologia militare era costituito dall’alto numero di morti lasciati sui campi di battaglia, con cadaveri orrendamente mutilati e privati della sepoltura, causando gravi danni anche alla salute pubblica. Inoltre, in questo periodo storico, il popolo si scatenava contro le minoranze che fungono da capri espiatori, come le streghe e gli ebrei. Questo creava un terreno fertile per la diffusione di profezie. Non stupisce quindi che in questo periodo si susseguissero con ritmo ostinato numerose visioni e profezie apocalittiche, e si esasperasse la necessità di cercare segni premonitori nelle stelle. La profezia di Johann Stöffler ebbe una grandissima risonanza in Europa. Fu ampiamente commentata dagli eruditi e diffusa presso il popolo dai predicatori itineranti.

L’astrologo Niccolò Peranzone, oltre a prevedere una grande piovosità e un innalzamento del livello dei fiumi, pronosticava per il 4 febbraio una serie di eventi: “terremoti, imprigionamenti, ricerche di tesori e obiettivi alchemici, costruzione di edifici, investigazioni di cose nascoste e amministrazione di eredità”. 

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L’astrologo Johannes Carion, al servizio di Gioacchino I di Brandeburgo, precisava che la grande piovosità sarebbe stata dannosa non solo nelle valli protette dai monti, ma che le zone costiere o le regioni soggette alle costellazioni dei Pesci e della Vergine sarebbero state particolarmente a rischio. Le terre inondate, inoltre, sarebbero diventate sterili negli anni seguenti, causando carestie e morte soprattutto tra i poveri. L’autunno successivo avrebbe portato malattie letali per le popolazioni. Di conseguenza, si cominciò a circoscrivere la natura delle devastazioni a un unico terribile diluvio che avrebbe sommerso l’umanità, simile ai tempi di Noè. Questo evento non sarebbe stato solo causato dalle inconsuete posizioni astrali, ma anche come giusta punizione per i peccati degli uomini.

Il panico si diffuse ovunque: a Vienna, fin dal 1523, molte persone avevano venduto campi e poderi, mentre altri rimandavano matrimoni e contratti. Alcuni disertavano i lavori dei campi nella certezza della fine imminente. A Roma, invece, tutti credevano nell’imminente catastrofe. Vennero affittati tutti i piani alti delle case, e i nobili preferirono abbandonare le loro residenze cittadine per trasferirsi sui monti. Il Papa Alessandro VI trovò rifugio nell’eremo di Camaldoli. Il console veneziano Lunardo Anselmi riferì di un disastroso temporale avvenuto nella città di Napoli nell’ottobre del 1523, durato quattro giorni. Durante questo evento, la via di San Gennaro si trasformò in un fiume in piena che travolse alberi e case, provocando la morte di molte persone. Questi fatti convinsero il popolo che si trattasse certamente di un segno premonitore del grande flagello che si sarebbe abbattuto sul mondo di lì a poco. La questione del diluvio diventò universale grazie alla stampa e alla divulgazione popolare delle varie teorie e interpretazioni dei segni del cielo: “fu un vero e proprio tormentone a livello globale”. In sostanza, una sessantina di eruditi produssero più di un centinaio di opuscoli.

“Il noto politico e filosofo Niccolò Machiavelli aderì alla teoria di Stoffler sulla fine del mondo e invitò la popolazione di Firenze a rifugiarsi nelle colline vicine e vivere con gli eremiti. Contrariamente Leonardo da Vinci pubblicò un opuscolo che spiegava il suo disappunto su questa ipotesi catastrofica”.

Nel momento in cui il popolo cercava nella Bibbia le istruzioni di Noè su come costruire un’arca, il nobile Count Von Iggleheim rappresentò probabilmente il culmine di questo caso di angoscia collettiva. Seriamente preoccupato per le notizie allarmanti che circolavano nel paese, l’aristocratico tedesco costruì sul fiume Reno un’imponente arca di legno a tre piani. Tuttavia, questa venne presa d’assalto dai suoi concittadini il 20 febbraio del 1524, quando cominciò a cadere la pioggia dopo un lungo periodo di siccità. La sommossa che ne seguì provocò la morte di centinaia di persone e il povero Count Von Iggleheim fu lapidato, perdendo la vita durante i disordini.

Nonostante i casi di panico collettivo, non tutti credevano alle profezie astrologiche. Dal momento che febbraio coincideva con il Carnevale, il tema divenne oggetto di attacchi satirici, burle e beffe. Il Carnevale, inoltre, era tradizionalmente associato al diluvio, indipendentemente dal pronostico del 1524, come ritorno al caos, allo stato primordiale, nei comportamenti e nel linguaggio, prima del ripristino dell’ordine sancito dalla Quaresima.

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Johann Stöffler fu successivamente costretto ad ammettere di essersi sbagliato riguardo alle possibili conseguenze della congiunzione planetaria. Tuttavia, esaminando astronomicamente la propria data di nascita, si convinse che dovesse morire in un determinato giorno, poiché qualcosa avrebbe dovuto cadere dal cielo e colpirlo. Un giorno, mentre discuteva con alcuni amici nella propria casa e cercava di prendere un libro da una mensola, un sostegno si staccò, facendo cadere tutti i libri che stava sostenendo sulla sua testa, ferendolo gravemente. Anche questa previsione si rivelò errata, e Stöffler morì di peste a Tubinga nel 1530.

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